Venerdì, 30 Marzo 2012 13:17

Intervista a Adriano Mestroni, BAND. Post produzione di Milano

“Il cinema ha insegnato alla pubblicità e il DI ha sostituito del tutto il metodo di lavoro lineare. E noi siamo una band che “suona” assieme!” Adriano Mestroni BAND (associato Unapost)  di Roberto Landini [articolo in uscita su Millecanali Ed. ilsole24ore, tutti i diritti sono riservati]

“Ho iniziato la mia storia nel video nel 1984 presso Rete4 e Canale5, per poi lasciare questa carriera e seguire personali “necessità e ambizioni”. Ho così scelto “la creatività e il futuro” invece della “grande fabbrica televisiva” e deciso di spostarmi presso la Digitalvideo, prima struttura di post produzione con macchine digitali.”

Così esordisce Adriano Mestroni, colorist rinomatissimo anche a livello internazionale nel cinema e nella pubblicità (invero, come vedremo, la linea di confine è sottile), nonché socio co-fondatore della struttura di post produzione “BAND”, alla nostra richiesta di presentare se stesso e la sua azienda milanese in via del Vecchio Politecnico, 7 a poco più di un anno dal varo.

“Poi quando Interactive ha comprato il primo correttore di colore dotato di Power Window, funzione che ha rivoluzionato il concetto di telecinema, il passaggio in questa struttura mi è stato facile.

In quindici anni abbiamo seguito qui tutta l'evoluzione della color grading fino a quando il “segnale video” ha cominciato a dare segni di stanchezza a favore della gestione del video su file.

“I tempi erano così maturi per creare assieme ad Alberto Mantini, (ex Zeus, The Face, You Are, e collega a suo tempo in Digital Video) una post produzione di nuova concezione, tapeless e non lineare, dove ogni sala è collegata in fibra ad uno storage (SAN). Due diversi mondi, Linux e Apple, che convivono per garantire la massima versatilità grazie alla pertinenza del nostro producer Andrea Bomba e alla consulenza di aziende come Videoprogetti e Cuor di Mela”.

 

Così nacque BAND

La storia di BAND nasce all’inizio del 2010 in un momento in cui la pellicola comincia ad essere rimpiazzata dalle macchine da presa digitali.

Questa graduale sostituzione ha consentito a BAND di evitare spese da capogiro nell'acquisto di macchine per la digitalizzazione della pellicola come il telecinema o lo scanner che da sole sarebbero costate come tutta la tecnologia oggi presente nella struttura. Per le lavorazioni di sviluppo, luce unica e scannerizzazione della pellicola, BAND ha chiuso un accordo con Square anche in cambio lavoro in qualità di colorist.

A un anno e mezzo da questo accordo le cose sono cambiate ancora e le produzioni girate in 35 e 16mm continuano a diminuire.

E siamo al 2011, considerato da BAND il primo anno effettivo (dopo alcuni mesi di test e prova delle macchine) di presentazioni ai clienti sul nuovo modo di lavorare simile al Digital Intermediate Cinematografico (già utilizzato in Rumblefish nel 2009 e in Square nel 2010).

 

Facciamo il punto sul mercato pubblicitario, vostre procedure, tendenze, i supporti preferiti oggi e previsioni per domani.

Adriano racconta: ”Durante l’anno appena passato la percentuale di lavori pubblicitari effettuati in pellicola e’ del 26%, molto bassa se si considera che nel 2008 era del 95%.

Le produzioni effettuate ad oggi con la macchina da presa ARRI Alexa (sempre riferite ai lavori realizzati in BAND) sono state del 28,5 %, 8,2% con la Red, 17% con la Phantom (macchina per l’alta velocità), 14,6% Canon 5/7D, 2,5% super 16mm, 2,6% altre macchine. La previsione di utilizzo della pellicola nel 2012 sono di un dimezzamento ulteriore. A Milano, non a caso, è rimasta solo Square (ex TTC), a possedere un laboratorio chimico dotato di film recorder e ARRISCAN.

Quindi da un lato, volendo, è ancora possibile partire dalla pellicola, effettuare scansione in 2K, lavorarla, poi tornare su pellicola col film recorder e quindi effettuare la prima copia e poi la stampa per la distribuzione nei cinema.

Dall'altro lato il problema è che i proiettori in pellicola nei cinema stanno per essere sostituiti dai proiettori digitali a 2K o 4K. Il DCP (Digital Cinema Package) ha una qualità elevatissima, costi molto bassi e superiore flessibilità. I pregi più evidenti sono l'assenza di graffi e spuntinature, nessun cambio di colore tra i rulli, nessun problema di sfuocature sui lati, audio perfetto; quindi è facile prevedere che l'elettronica dominerà sempre di più, lasciando alla pellicola una stretta nicchia di artisti con alle spalle facoltosi produttori.”

Dopo numerosi test su differenti tipi di girato siamo arrivati alla conclusione che l’Apple Pro Res 4:4:4:4 generato dall’Alexa è il miglior file esistente per ora: è leggero, la compressione è pressochè invisibile e ha tutta la latitudine di posa di una pellicola sensibile senza soffrire dell’effetto grana quando si interviene per schiarire zone sottoesposte (gli ARRI Raw 3K sono ancora meglio ma per ora ci vuole più tempo per gestirli). I RAW della RED sono abbastanza buoni (leggermente meno latitudine) ma bisogna convertire il materiale e i tempi si allungano.

Quali sono i segreti delle lavorazioni in BAND

Potremmo anche optare per finalizzare in FinalCut con gli Apple ProRes o usare Glue Tools che permette di linkare materiali DPX, ma ci sono ancora dei limiti in alcuni effetti come le velocizzazioni e i time warp, che non vengono bene come lavorando con macchine tipo Flame e Smoke di Autodesk. Così in BAND su FinalCut realizziamo gli offline e sulle altre macchine citate tutti gli online.

Lavoriamo solo in alta definizione perché la tecnologia Standard Definition (PAL) è finita. Ormai sul mercato si trovano solo monitor o proiettori 16:9 HD (spesso 3D), tutti i monitor dei computer sono HD. La pellicola 35mm è un formato prestigioso e costoso e non può essere riversato su digitalbetacam; perfino le più economiche videocamere hanno un segnale più definito di qualsiasi telecinema PAL.

Siamo dell'opinione che dire “tanto va in onda in PAL”, non sia affatto giusto e visti i costi della pubblicità, in BAND vogliamo che la qualità sia sempre al massimo livello, come al cinema. Ricordiamoci che fino alla fine degli anni ‘80 si presentava su grande schermo in 35mm stampato dal negativo originale. Noi in BAND presentiamo solo su monitor di ultima generazione e il PAL sui monitor HD non è accettabile. Per noi la qualità del master deve essere sempre elevatissima e il risultato non deve soffrire quando proiettato in un convegno, in un salone, al cinema o a pieno schermo sul monitor di un computer, mantenendo sempre la qualità con cui è stato girato. Ormai il web ti permette di Up-loadare anche in Full HD. Su Vimeo e su You Tube si possono vedere immagini che a schermo pieno sono di una qualità sorprendente. Non a caso se il materiale girato e’ in pellicola, (per questioni di “pasta” e di grana), noi esigiamo la scansione in 2K e non ci accontentiamo certo di un telecinema su digitalbetacam.

 

Vediamo di seguire meglio l'iter di post produzione ideale così come lo propone BAND.

L'hard disc delle riprese eseguite con Alexa viene collegato in eSATA a Final Cut Pro (versione 7) e il montatore può iniziare il lavoro di editing in Full HD senza dover acquisire il materiale in macchina. Da qui viene realizzata una EDL. Collegando il medesimo hard disc allo storage di BAND è possibile estrarre solo le inquadrature delle scene scelte in Apple ProRes, importandole su macchine Autodesk Lustre o Resolve e iniziando subito la color grading.

Contemporaneamente, grazie al fatto che i file sono fisicamente presenti sulla SAN, si può iniziare la lavorazione anche in Flame. Infatti utilizzando le scene scelte, comprese di handles, è possibile effettuare un render che viene salvato in una apposita cartella vista da tutte le postazioni. Non appena il materiale senza color grading è disponibile, Flame è in grado di iniziare a lavorarlo. Ogni volta che la color grading viene aggiornata da un nuovo render, senza alcun refresh è disponibile per tutte le postazioni interessate.

In pratica in BAND il cliente può seguire tutte le lavorazioni, spostandosi da una sala all'altra e con il metodo non-lineare il risparmio di tempo è notevole, oltre al fatto che tutti i segmenti della lavorazione sono sotto lo stesso tetto.

Ogni possibile variazione viene applicata in tempo reale, compresa una riedizione completa del montaggio -se il cliente lo richiede- e di tutte le fasi successive.

 

Qualche altro plus che siete in grado di proporre al mercato grazie al metodo simile al DI?

Il cliente sceglie Band per diversi motivi. Prima di tutto, per la grande esperienza dei due soci, Adriano Mestroni come colorist, Alberto Mantini come Flame Artist. La velocità del lavoro – inoltre - è sempre massima: importando l'EDL su daVinci o su Lustre, la macchina effettua un conforming e tutta la correzione colore è già pronta sul montato.

“I primi tempi non sono stati facili”, dice Mestroni, “perché in BAND si era deciso di abbandonare del tutto il lavoro che parte dal telecinema in favore della massima qualità e si è dovuto trasferire questo nuovo metodo di lavoro al cliente che, fortunatamente, dopo un primo “giro di prova” ha compreso subito i grandi vantaggi del nuovo Work Flow.”

 

E in futuro, cosa proporrà Band?

Il futuro prevede lavori effettuati in floating point con qualità a 32 bit e oltre, openXR, 4K, senza perdere nemmeno un pixel, così da anticipare le future richieste in previsione dell'arrivo dei proiettori 4K al cinema e della pubblicità in stereoscopia. Inoltre si sta cercando di sensibilizzare i pubblicitari ad esigere l’emissione in HD anche dei loro prodotti. E’ veramente brutto vedere la pubblicità in PAL dopo un programma in HD; sembra sfuocata. E magari è una produzione da centinaia di migliaia di euro!

Per BAND il futuro è nella flessibilità delle sale, dove le macchine si possano scambiare di ruolo, dove una suite di finishing diventa un color corrector e viceversa.

Per il personale invece si cercherà di mantenere una definizione precisa nei ruoli creativi con professionalità molto specifiche.

Adriano precisa un tratto filosofico di importanza fondamentale: “Ci siamo voluti chiamare BAND perché lavoriamo in gruppo: siamo assieme sullo stesso lavoro contemporaneamente. Mentre in passato si procedeva in modo lineare col telecinema, poi il montaggio, etc, oggi si lavora in contemporanea agli stessi file; i clienti sono ancora in sala montaggio su Final Cut mentre in un'altra sala stiamo preparando i visual effects e a breve inizierà la color grading del medesimo filmato. Quindi siamo davvero una band che suona assieme, e non a caso la nostra tendenza è – preferibilmente - prendere un lavoro dall'inizio alla fine per garantire il massimo.”

La sorpresa di ques’anno è l’apertura di una sala audio di Disc To Disc al piano di sopra e di altre due sale di BAND. Abbiamo chiuso un accordo con Antonio D’Ambrosio e Angiolina Gobbi (titolari della società) per iniziare una collaborazione che senza dubbio porterà uno scambio di lavoro ad entrambi. In questo modo la filiera è chiusa. Il cliente potrà finalizzare completamente da noi.

 

La “band” di BAND

Il team della BAND è composto da nove professionisti stabili: due colorist, Adriano Mestroni e Claudio Beltrami, visual effects con Alberto Mantini (supervisor), Francesca Riva e Laila Sonsino che si alternano su Smoke, Flame, Flare (una seconda macchina d’appoggio a Flame) e After Effects. Poi Rocco Guarna e Mattia Bruno sono dedicati al 3D, su due delle quattro postazioni Maya presenti. Andrea Bomba è il nostro producer e Alessandro Sanna il nostro assistente. Il tutto fa capo a tre sale di grandi dimensioni in cui campeggiano Lustre in un DI Theatre full HD completo di proiettore, una con Flame e una con Smoke, due sale Final Cut, e una sala dedicata a daVinci Resolve. Stiamo ancora decidendo come utilizzare le due sale al piano di sopra, già dotate di tecnologia Apple e collegate in fibra alla SAN centrale.

BAND si avvale di montatori free lance del calibro di Stuart Greenwald e Vilma Conte, oltre a Luca Trivulzio e altri professionisti portati dalle case di produzione.

Un grazie particolare alla nostra responsabile amministrativa Patrizia Rognoni e alla nostra centralinista Valeria.

 

Siete soci di Unapost, Unione Nazionale delle Post produzioni Audiovisive, perché?

“L'associazione delle post produzioni deve difendere le sue affiliate dall'attacco di alcune “figure” che vogliono solo “fare business” su un lavoro che non è il loro.

Evitare che tra concorrenti la gara sia solo ad abbassare i prezzi e fare in modo che il cliente possa scegliere direttamente basandosi sulle innovazioni tecnologiche e sulle capacità artistiche del personale avendo a disposizione il listino ufficiale.

Rendere più “lineare e trasparente” il percorso di lavorazione permette di evitare il rischio della chiusura di molte strutture che spesso in passato sono state prese per il collo e forzate ad effettuare lavori sottocosto per non perdere le commesse. Il valore dell'associazione Unapost che difende la qualità del lavoro delle post produzioni associate è ancora più valido quando - come in questi momenti - il mercato non eccede per la domanda e le lavorazioni devono essere vendute al prezzo di mercato e non certo a meno proprio perché questa è l'unica garanzia di poter offrire un prodotto di altissima qualità, come dev’essere, pagando il giusto le professionalità esperte e utilizzando sempre tecnologia ad altissimo livello”

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